Caccia: più di 7 italiani su 10 non la vogliono. Il Piemonte riparte dalle decisioni del TAR.
La sospensione dell’attività venatoria in Piemonte da parte del TAR nell’ottobre del 2024 ha rappresentato un momento cruciale nella tutela della fauna selvatica e della biodiversità regionale.
La decisione, inizialmente accolta come un passo significativo verso un cambiamento nelle politiche ambientali, è stata motivata dalla mancata revisione del Piano Faunistico Venatorio, che non tiene conto degli impatti del cambiamento climatico e delle trasformazioni ambientali sul territorio.
Alcune specie già gravemente minacciate, come la moretta, la pernice bianca, la coturnice, il fagiano di monte e l’allodola, sono state al centro dell’attenzione per il loro stato di grave declino.
Queste specie, già provate dalla perdita di habitat e dalle condizioni climatiche estreme, rischiano l’estinzione senza interventi tempestivi e rigorosi.
La vicenda ha però avuto sviluppi controversi: la Regione Piemonte ha ottenuto dal TAR un parziale ripristino dell’attività venatoria per alcune specie, giustificandolo con la presunta conformità del Piano Faunistico Venatorio attuale.
Si riaprirà quindi la caccia al fagiano di monte e alla coturnice, mentre la caccia alla moretta sarà possibile senza attendere alcun provvedimento regionale. L’attività venatoria per tutte le altre specie prosegue secondo le modalità indicate nel calendario venatorio regionale 2024-25.
Questa posizione ha suscitato critiche aspre da parte delle associazioni ambientaliste e animaliste, che denunciano la mancanza di una visione aggiornata e responsabile della gestione della fauna.
Il mancato aggiornamento del piano, richiesto da tempo, è stato considerato da molti come una grave negligenza, specialmente in un momento storico in cui le minacce antropiche alla biodiversità animale e vegetale e il cambiamento climatico stanno aggravando la situazione generale.
Siamo al paradosso
- Da un lato, associazioni come “Caccia Libera” hanno difeso a spada tratta l’attività venatoria, affermando che “la caccia non si può fermare”. Queste recriminazioni hanno trovato terreno fertile nella Giunta di centro – destra della Regione Piemonte. L’assessore all’agricoltura, Paolo Bongioanni, infatti, dopo l’ultimo accoglimento del TAR, ha espresso: “soddisfazione per una decisione tempestiva che conferma le scelte della Regione e va incontro al mondo venatorio”.
- Dall’altro, la popolazione italiana si dimostra sempre più contraria alla caccia: secondo l’ultimo Rapporto Eurispes 2024, più del 70% degli italiani è contrario a questa pratica crudele e anacronistica. Questo scollamento tra la volontà popolare e le politiche regionali mette in luce una problematica più ampia: l’incapacità di alcune istituzioni di rispondere alle mutate sensibilità sociali e alle sfide ambientali contemporanee.
Tutta questa vicenda ha evidenziato le criticità legate alla protezione della fauna selvatica, che si trova a dover affrontare pressioni sempre maggiori.
Il cambiamento climatico sta alterando profondamente gli ecosistemi, costringendo molte specie a spostarsi o a vivere in condizioni limite.
La mancanza di azioni concrete non solo rischia di impoverire ulteriormente il patrimonio naturale del Piemonte, ma rappresenta anche un pericolo per l’equilibrio ecologico dell’intera regione.
In questo contesto, l’articolo 9 della Costituzione italiana, che sancisce la tutela dell’ambiente, degli animali e della biodiversità, appare più che mai un richiamo urgente.
Tuttavia, la sua applicazione concreta si scontra con resistenze politiche e interessi consolidati, impedendo l’adozione di misure che possano davvero garantire la sopravvivenza della fauna selvatica.
La domanda che emerge da questa vicenda è cruciale: come può una Regione, nel 2024, ignorare la necessità di riformare pratiche che mettono a rischio non solo la natura e la biodiversità, ma anche la sicurezza e il benessere delle persone?
Caccia e ambiente: un’eredità tossica per la natura e l’uomo
La caccia, oltre a rappresentare una minaccia diretta per la fauna selvatica, lascia un segno profondo e indelebile sull’ambiente. Le cartucce al piombo, ancora ampiamente utilizzate, rilasciano sostanze altamente tossiche nel suolo e nelle acque, trasformando ecosistemi vitali in zone contaminate.
Questa scia non si ferma: si accumula nella catena alimentare, avvelenando gli animali acquatici e i predatori che si nutrono di carogne, e infine raggiunge gli esseri umani, con effetti potenzialmente nocivi sulla salute.
Le aree di caccia diventano così luoghi di pericolo diffuso, compromettendo non solo la fauna locale ma anche l’integrità delle foreste e delle zone rurali circostanti.
Il piombo, una volta rilasciato, contamina il terreno per decenni, contribuendo al degrado di ecosistemi già messi a dura prova dal cambiamento climatico e dalla perdita di habitat.
Le specie che abitano il Piemonte – dalle pernici bianche alle morette, dai fagiani di monte alle coturnici – rappresentano un patrimonio inestimabile non solo per la biodiversità regionale, ma per l’intero equilibrio naturale.
Ogni singolo animale è una tessera insostituibile di un mosaico complesso che regola la vita sul nostro pianeta. La caccia, tuttavia, continua a depauperare questo patrimonio, minacciando specie già in declino e accelerando un processo di estinzione che avrà conseguenze irreversibili.
SICUREZZA PUBBLICA
Non è solo la fauna a subire gli effetti devastanti di questa pratica: la caccia influisce anche sulla sicurezza pubblica. Ogni anno, numerosi incidenti – spesso tragici – coinvolgono cacciatori e cittadini che si trovano nei pressi delle zone di caccia.
Negli ultimi dieci anni, in Italia, più di 220 persone hanno perso la vita a causa di episodi legati alla caccia, a cui si aggiungono centinaia di feriti.
Questi numeri drammatici evidenziano un problema che va ben oltre la protezione della fauna: riguarda la sicurezza delle nostre comunità.
Qui è possibile documentarsi sulle Vittime della Caccia in tempo reale: bollettino – clicca qui.
In un Piemonte che lotta per preservare il suo ambiente naturale, il supporto politico alla caccia appare sempre più come una scelta anacronistica e irresponsabile.
In un momento storico in cui servirebbero azioni coraggiose per proteggere la natura e invertire il declino degli ecosistemi, la caccia rappresenta un passo indietro.
I politici locali hanno il dovere di prendersi carico di questa sfida, mettendo la tutela della natura, della fauna selvatica e della sicurezza delle persone al centro delle loro priorità.
È tempo di riflettere su cosa vogliamo lasciare in eredità alle generazioni future: una natura viva e vibrante o un ambiente devastato da scelte miopi?
La popolazione piemontese tutta, umana ed animale, necessita, ma soprattutto, MERITA amministratori più attenti alla conservazione della natura, piuttosto che al sostegno di una minoranza di cacciatori!
Più di sette italiani su dieci non vogliono la caccia
Una maggioranza schiacciante!
Il dato è chiaro e inequivocabile: secondo recenti sondaggi condotti da istituti di ricerca indipendenti, più del 70% degli italiani si dichiara contrario alla caccia.
Questo sentimento si riflette non solo nella crescente sensibilità verso i diritti degli animali, ma anche nella percezione diffusa della caccia come una pratica anacronistica, distante dalle necessità attuali di tutela ambientale e benessere animale.
La maggioranza dei cittadini ritiene che il controllo della fauna selvatica dovrebbe avvenire attraverso metodi non cruenti, come la sterilizzazione, la gestione degli habitat naturali e il monitoraggio scientifico, piuttosto che attraverso abbattimenti indiscriminati.
Questo rifiuto della caccia non è solo una questione etica, ma anche un tema di sicurezza pubblica. Sono circa 400.000 i cacciatori italiani che ogni anno, oltre ad uccidere milioni di animali, esercitano l’attività venatoria in prossimità di centri abitati e in aree sempre più estese.
Questo ha sollevato preoccupazioni crescenti tra i cittadini, che temono per la propria incolumità e per quella degli animali domestici.
La caccia è vista come una minaccia non necessaria, che potrebbe essere sostituita da soluzioni alternative più moderne e rispettose della biodiversità.
Il divario tra la volontà popolare e le attuali normative dimostra la necessità di una riforma immediata e incisiva.
La politica, troppo spesso condizionata dalle lobby venatorie, non sembra ancora pronta a recepire l’appello della stragrande maggioranza degli italiani, lasciando irrisolti i conflitti tra interessi particolari e il bene collettivo.
Tuttavia, il crescente supporto a movimenti e partiti ambientalisti e animalisti rappresenta un segnale forte e incoraggiante: il cambiamento non è solo possibile, ma inevitabile!
Una fotografia dell’attuale situazione normativa italiana
L’attuale situazione normativa in Italia sulla caccia presenta una cornice legislativa complessa e, per certi versi, contraddittoria.
La Legge di Bilancio 2023, ha modificato la LEGGE 11 febbraio 1992 n. 157 – Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio, ampliando la possibilità di abbattimenti anche in aree protette e durante periodi dell’anno precedentemente vietati, previa autorizzazione delle regioni.
Queste disposizioni hanno sollevato forti critiche da parte di associazioni ambientaliste e animaliste, che denunciano il rischio di una deregulation in grado di mettere in serio pericolo la biodiversità e il benessere animale.
A rendere il quadro ancora più controverso, sono stati degli emendamenti proposti dalla Lega nel 2024, ribattezzati “spara-tutto”, che avrebbero ulteriormente liberalizzato l’attività venatoria, consentendo la caccia su tutto il territorio, in qualsiasi periodo dell’anno e ampliando il numero di specie cacciabili.
Tuttavia, il governo ha respinto queste proposte, su pressione di associazioni, forze politiche e della società civile, sottolineando la necessità di tutelare l’ecosistema e le aree protette.
Nonostante questa vittoria parziale, le norme già introdotte dalla Legge di Bilancio 2023 restano in vigore, aprendo comunque la strada a interventi più invasivi.
Questa situazione normativa si intreccia con le competenze della Città Metropolitana di Torino, che ha facoltà regolamentari in materia di caccia e pesca.
Questi poteri offrono un’opportunità unica per agire localmente al fine di limitare il più possibile l’attività venatoria, ridurre l’impatto ambientale e dare sollievo alla fauna selvatica.
Il divieto totale di caccia rimane, a oggi, un obiettivo da perseguire attraverso una mobilitazione politica e normativa su scala locale e nazionale.
Tolstoj e la condanna alla caccia: un ritorno alla saggezza
Lev Tolstoj, nel suo scritto Contro la caccia, parlava della crudeltà di questa pratica e della sua inutilità per l’uomo moderno.
Secondo Tolstoj, la caccia è un retaggio primitivo che non trova giustificazione nell’epoca contemporanea.
Egli scrive: “La caccia non è altro che un’inutile crudeltà verso gli animali e una violenza che ci allontana dalla nostra essenza umana più profonda“.
Queste parole risuonano come un monito per la nostra società, invitandoci a riflettere sul nostro rapporto con la natura e con gli esseri viventi che la popolano.
La Caccia: sport o crudeltà?
La caccia, oggi, viene spesso difesa come un “sport” o un “controllo della fauna”, ma dietro queste giustificazioni si cela una realtà di sofferenza.
Gli animali uccisi per puro divertimento, spesso lasciati agonizzare, non sono semplicemente numeri, ma esseri senzienti capaci di soffrire.
Tolstoj descrive la caccia come “un suicidio morale“, un atto che porta l’uomo a spegnere ogni sentimento di pietà e compassione, preferendo la violenza all’amore per la vita.
Le immagini degli animali feriti e morenti, come quelle da lui descritte, sono un richiamo doloroso alla necessità di un cambiamento.
Il ruolo della politica e la necessità di un cambiamento
Più volte, in questo articolo, lo abbiamo ripetuto: è fondamentale che i politici locali e nazionali si facciano carico di questo problema.
Devono accettare di poter perdere il supporto di una piccola minoranza di cacciatori per garantire il benessere collettivo, la sicurezza pubblica, la tutela della biodiversità e la protezione ambientale.
La gestione delle risorse naturali non può più basarsi su logiche di sfruttamento intensivo, ma deve considerare il futuro del territorio e delle generazioni a venire.
Un cambiamento in questa direzione richiede coraggio e visione d’insieme, qualità che oggi devono, necessariamente, appartenere ai rappresentanti politici che siedono o aspirano a sedersi nelle amministrazioni pubbliche, sia locali che nazionali.
Il punto sul programma del Partito Animalista di Torino
Un segnale forte arriva dal Partito Animalista Italiano di Torino, che decide di inserire al punto 2. del proprio programma il divieto di caccia nel territorio metropolitano di Torino, o, nei limiti delle competenze in materia di regolamentazione dell’attività venatoria della Città Metropolitana di Torino, massima limitazione del territorio e del periodo venatorio.
Il divieto di caccia si collega al punto del programma (qui il link) sulla sicurezza pubblica nel territorio della città metropolitana.
L’appello ai giovani: una generazione che può fare la differenza
Come Tolstoj scriveva nelle sue riflessioni contro la caccia, è fondamentale che i giovani comprendano il valore della compassione e della protezione degli esseri viventi.
Solo una coscienza collettiva e una generazione motivata possono far cessare queste pratiche violente, come la caccia sportiva.
Il loro coinvolgimento è essenziale per garantire un futuro in cui la natura venga rispettata e tutelata, e in cui la vita di ogni essere senziente abbia il valore che merita.
Giovani e cittadini consapevoli possono spingere i governanti a prendere decisioni che riflettano il rispetto per l’ambiente e per tutte le forme di vita. Possono votare e mandare un messaggio chiaro!
Un esempio lungimirante potrebbe arrivare proprio dalla sensibilità dei giovani e dei cittadini torinesi. Torino, e il suo territorio metropolitano, possono invertire la rotta, e diventare laboratorio di politiche sostenibili che proteggano seriamente la fauna selvatica.
L’appello è rivolto a chiunque abbia a cuore la bellezza del nostro Pianeta e dei suoi abitanti: è tempo di cambiare, di chiedere ai nostri rappresentanti azioni concrete per il bene comune. La voce della natura non può essere ignorata.
In questo contesto, il riferimento all’articolo 9 della Costituzione Italiana, che tutela l’ambiente, gli animali e la biodiversità, assume un significato ancora più profondo.
Non è sufficiente che queste parole restino sulla carta: devono diventare una guida per la tutela di tutti.
Un futuro senza caccia è possibile
La sfida più grande è trasformare una cultura basata sulla violenza contro gli animali in un modello di convivenza armoniosa tra uomo e natura. Più del 70% degli italiani ha parlato: non vuole la caccia!
Torino e il Piemonte devono essere i primi a rispondere a questa richiesta con determinazione e visione.
Ora più che mai, è necessario che i politici locali si facciano carico di questa sfida di civiltà. La città metropolitana di Torino ha le competenze normative per dare il buon esempio, il resto del Piemonte la seguirà.
Serve il CORAGGIO POLITICO di intraprendere un percorso che renda il nostro territorio un faro per tutta l’Italia, dimostrando che un futuro senza caccia non è solo possibile, ma è anche indispensabile per il progresso etico, ambientale e sociale della nostra comunità!
“Prendi posizione. La neutralità favorisce sempre l’oppressore, non la vittima. Il silenzio incoraggia sempre il torturatore, non il torturato.” cit. Elie Wiesel
Fonti:>
- La Stampa: TAR sospende la caccia in Piemonte
- Eurispes: sensibilità degli italiani verso il benessere animale
- FAO - Report sulle emissioni del settore zootecnico (fonte per dati sul settore zootecnico e il suo impatto ambientale)
- Legambiente - Biodiversità a rischio 2024
- Tolstoj, L. Contro la caccia e il mangiar carne.